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The "tragic" contempt of Farinata degli Uberti in Canto X of Dantes "Inferno"
Dante’s Inferno presents an essentially non-tragic view of reality based on the Christian
concept of Man in his historical and eschatological aspect. Nonetheless, some of Dante’s episodes,
like the one of Farinata degli Uberti, appear to contain a certain element of tragedy because of the
virtues marking the characters involved, which endow them with a certain nobility, giving rise to an
air of tragedy. To examine the nature of this “tragic” quality, I shall invoke Erich Auerbach’s concept
of figural realism as applied to Dante’s masterpiece. A character’s life on earth is a prefiguration of
his life after death, the fulfilment of his earthly existence concluding his earthly deeds. The soul’s
fate post mortem bespeaks the quintessence of its life, the tangible sign of which is its contrappasso.
The chief conflict takes place between the character and his fulfilment, but it also generates further
conflicts: between the soul’s past on earth and its current condition in Hell; between the qualities that
marked it in the past that could objectively be considered virtuous, and its current status amongst
the damned, and others. Only in the eyes of sinners are these conflicts seen as tragic, but not from
the point of view of Dante the Author, who discredits these conflicts with a variety of rhetorical and
stylistic devices. I endeavour to explain the seemingly tragic quality in Farinata degli Uberti, one of
the “magnanimous” spirits confined in Hell. At first glance he may seem reminiscent of the heroes
of Greek tragedy, but on closer scrutiny his “magnanimity” takes on a sinister quality, and this is
how Dante wants his readers to see the connection between Farinata’s perverse political commitment
verging on fanaticism, and his sin of heresy, to which Farinata seems to turn a blind eye.
L’Inferno dantesco presenta sostanzialmente una visione non tragica della realtà, basata
sulla concezione cristiana dell’uomo nella sua dimensione storica ed escatologica. Eppure alcuni
episodi, tra cui quello che si svolge nel canto X dell’Inferno, sembrano non privi di tragicità a causa
di una certa nobiltà d’animo dei loro protagonisti e dello stile alto il quale rimane in sintonia con
essa creando un clima tragico. Per indagare la vera natura di quel “tragico” ricorreremo al concetto
del realismo figurale applicato da Erich Auerbach al capolavoro dantesco, secondo cui la vita terrena
è prefigurazione di quella oltremondana che, a sua volta, si presenta come adempimento definitivo
dell’altra. La condizione raggiunta dalle anime esprime la quintessenza della loro vita il cui segno
visivo è il contrappasso. Il conflitto più significativo sarebbe quello tra la figura e il suo adempimento,
ma esso ne genera altri: tra il passato terreno e il presente infernale, tra i valori oggettivamente positivi
che appartengono a quel passato e l’attuale condizione dei dannati. I conflitti in questione sono tragici
solo se considerati dal punto di vista dei peccatori, non lo sono invece dalla prospettiva di Dante
autore il quale mette in discussione quei valori tramite l’uso di artifici retorico-stilistici caratterizzanti
i dannati e i discorsi che loro rivolgono a Dante pellegrino, decostruendo così il tragico. Tenendo
conto di queste considerazioni, si cerca di dimostrare in che cosa consiste il tragico apparente di
Farinata degli Uberti, uno dei “magnanimi” infernali. A prima vista egli assomiglia agli eroi delle
tragedie greche, ma un attento esame fa vedere come la sua magnanimità si riveste di un’accezione
negativa e in questa prospettiva va visto il legame tra la sua passione politica, degenerata in fanatismo
politico, e il peccato di eresia che egli sembra ignorare.